by Nicola | Giu 3, 2014 | Articoli Principali, Natura, Storia e Folclore |
Le valli Pennavaire e Ferraia costituisco un’area carsica dove la roccia, scavata naturalmente dalla chimica e dagli agenti atmosferici, ha offerto riparo ai liguri più antichi. Tra le tante grotte, una in particolare attrae da tempo la nostra curiosità: custodisce l’idolo, un maestoso belino di pietra, tutt’oggi di difficile datazione e di complessa interpretazione. Partiamo in gruppo da Alto, in Piemonte, al seguito della guida Marco Rosso. La rete di sentieri si può raggiungere facilmente anche da Aquila d’Arroscia, in Liguria. Il percorso non presenta particolari difficoltà. Attraversato il ponte tra le due regioni, ci inoltriamo nel bosco fino alla cascata del Rio Ferraia, confluente del Pennavaire. A pochi passi, l’ingresso dell’Arma du Cupa, custode dell’idolo fallico tanto agognato. Paradossalmente, di fronte all’idolo c’è un camino dalle vaghe sembianze di vulva. Ma che ci fa roba del genere in una remota grotta del ponente ligure? Ecco il parere dello storico Alessandro Giacobbe: “L’interpretazione moderna potrebbe lasciare adito a facili ironie. Al di là della forma “semplicemente fallica” che può essere stata in qualche modo “conservata” dall’azione antropica, è importante pensare al suo significato per chi ci ha preceduto in quei luoghi. Le grotte, le arme della val Ferraia. Arma è di per sé un termine che rimanda all’idioma ligure, del quale non vi sono che pochissime tracce scritte, peraltro in alfabeto etrusco, nell’area del primitivo insediamento genovese. Ci si avvia in un passato preclassico, anzi, protostorico che giunge pressoché intatto fino a noi. L’elemento verticale, la pietra fitta evoca fino alla fine dell’antico regime ed oltre tanto una frequentazione quanto un confine. È una presenza che assume caratteri personali, sia pure...